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Corrado Mastantuono può disegnare di tutto- 12.2022

Di Andrea Fiamma

20 Dicembre 2022

 Quando gli faccio notare che ha un grande senso del dovere, Corrado Mastantuono mi guarda con l’orgoglio di un padre. Gliel’ho detto perché mi stava raccontando del suo primo lavoro. A 17 anni, quando era ancora in quarta superiore, Mastantuono iniziò a lavorare per un studio d’animazione: giornata piena, fino alle sei del pomeriggio, con piccole e grandi responsabilità, dal tracciare personaggi a disegnare layout, per poi tornare a casa e studiare italiano, matematica (in cui andava piuttosto bene) e il resto delle materie con l’obiettivo di diplomarsi da privatista. Non era scontato che un diciassettenne con un lavoro fisso che gli permetteva di guadagnare attraverso la sua passione si prendesse la responsabilità di concludere il ciclo di studi. Quell’adolescenza da ragioniere, solerte e ligia, non gli ha però scalfito lo spirito gioviale e la voglia di scherzare, come dimostrano i suoi fumetti. 
 

Forse questa capacità di essere tutto, adolescente, adulto, studente, lavoratore, diligente e burlone, innerva la personalità di Corrado Mastantuono, disegnatore e sceneggiatore di fumetti che è diventato famoso per l’abilità istrionica di passare da incarichi realistici, come le storie di Tex per Sergio Bonelli Editore, al segno umoristico dei fumetti Disney, per cui ha creato uno dei personaggi più famosi degli ultimi trent’anni, il goffo Bum Bum Ghigno.

Romano, classe 1962, Corrado Mastantuono ha sempre avuto il disegno come chiodo fisso. Non andava ancora alle elementari quando si dilettava a disegnare su una porta, grezza e scura, che la madre utilizzava come lavagna per dare ripetizioni. Pare che un pomeriggio, su quella porta diventata lavagna, Corrado si affezionò a un Pinocchio che aveva scarabocchiato. Confabulando tra sé e sé a voce alta disse «oh, poverino, in piedi così ti stanchi, adesso ti metto seduto» e lo disegnò su una sedia.

Da lì, il passo a realizzare rudimentali fumetti – come L’Uomo Gatto, plagio affettuoso di Spider-Man – fu breve, complici le molte letture a disposizione in casa (Geppo, Gianconiglio, Paperinik, Braccio di Ferro, Spider-Man) e il bisogno di un’attività ricreativa. Quei primi fumetti erano frutto di eterni estati da figlio unico in cui Mastantuono doveva occupare il tempo, «soprattutto nel primo pomeriggio, dove in casa vigeva il silenzio» racconta l’autore a Fumettologica. «Bisognava riposare e a me non andava. Però dovevo trovare un’occupazione che non facesse rumore. Non potendo giocare con i pupazzi, mi mettevo a disegnare.»

corrado mastantuono

Srotolando le memorie, è lampante che nella storia personale di Mastantuono ci sia una buona dose di talento, innato e testardo, che non ha mai smesso di affinarsi o farsi scoraggiare dagli ostacoli. Da bambino mandò delle vignette alla Settimana Enigmistica, «e loro non sapevano che ero piccolo, per cui mi risposero seriamente. Furono anche un po’ maleducati perché, non conoscendo la mia età, vollero stroncarmi sul nascere. Mi avevano inviato una risposta prestampata in cui la frase di rito “il suo materiale non risponde alle nostre esigenze” era stata cancellata e a mano avevano aggiunto “non è di nostro gusto”. Ci tenevano a sottolinearlo». Mastantuono si prese la rivincita tempo dopo quando, ancora ragazzino, vinse uno dei concorsi di disegno della rivista. Il premio: una cassettina musicale di Ella Fitzgerald. 

Anzi, ogni presa di coscienza dei propri limiti era uno sprono per fare meglio. Corrado ricorda bene la sensazione di delusione quando scoprì che non era l’unico ragazzino a saper disegnare. «Alle medie ero considerato quello bravo a disegnare, soprattutto in stile umoristico. Un giorno entro in classe e nel sottobanco dove si mettevano i quaderni trovo questo foglietto con un disegno realistico fatto da un bambino. Era bellissimo. E m’ha preso male. Perché era qualcosa che io non sapevo fare così bene. Tutta la mia bravura si polverizzò e rimase solo la frustrazione. Ricordo proprio il malessere che ho provato in quel momento. Ed è lo stesso che provo adesso ogni volta che vedo qualche disegnatore bravo.» 

Dopo le medie, frequentò l’Istituto Nazionale per la Cinematografia e la Televisione a Roma, un compromesso «meno onirico e fumoso» del liceo artistico, che i genitori vedevano come una strada a senso unico verso l’insegnamento e poco altro. A scuola imparò da autori come Niso Ramponi (in arte Kremos), vignettista del giornale umoristico Il Travaso delle Idee e disegnatore delle locandine italiane dei film Disney («ogni suo segno era una lezione d’arte» ha detto Mastantuono, «ogni schizzo un monumento al suo talento immenso. Gli ho rubato tutto quello che ho potuto»).

Fu proprio Ramponi a raccomandarlo a Ital-Studio, uno studio d’animazione che realizzava pubblicità e animazioni per comittenti vari (tra cui la trasmissione Superquark). A Ital-Studio faceva di tutto, dal disegno alla realizzazione di layout o scenografie. Oltre allo scossone provocato dalla nuova realtà lavorativa, Mastantuono soffriva il fatto di essere l’unico che aveva visto cambiare di colpo le sue giornate. Gli mancava soprattutto il confronto e la condivisione di esperienze nuove, perché per i suoi compagni, quella quotidianità fatta di scuola, compiti e vita adolescenziale proseguiva placida.

«Poi questo senso di soffocamento e prigionia è passato» spiega, «anzi, dopo mi sono sentito fortunato perché quando finisci la scuola ti senti spaesato, non hai un indirizzo, non hai un traguardo, molti miei amici annaspavano in cerca di un percorso, io invece avevo già una direzione presa. Per qualche anno ho vissuto molto soddisfatto».

Quello a Ital-Studio era un lavoro strano, non sempre si facevano disegni stimolanti, i dipendenti potevano passare mesi a disegnare cellule e linfociti per animazioni didattiche, «però quei nove anni mi hanno formato la testa per il lavoro» dice Mastantuono. «Essere puntuale, non sgarrare una scadenza, non tradire la fiducia del committenti. Sono aspetti che forse pagano ancor prima della bravura. Quando sei affidabile la gente ti assegna un lavoro più volentieri.»

Alla fine degli anni Ottanta, le mansioni a Ital-Studio lo logorarono, e il richiamo del fumetto iniziò a farsi sentire sempre più insistentemente. Mastantuono fece due cose: si presentò all’editore Comic Art e mandò il suo portfolio a Mondadori, pensando che avrebbe potuto lavorare come illustratore di libri per ragazzi. Mondadori non rispose, ma Comic Art sì, assoldandolo per lavorare a fumetti pubblicati sulle riviste L’Eternauta e Comic Art.

corrado mastantuono fumetti
“Il droppo”, primo episodio di “Buzzer & Todavia” (“Comic Art” 91)

La produzione per Comic Art mostra la facilità con cui Corrado Mastantuono si calò da subito in ruoli comici, realistici o dissacranti, spesso come autore unico. Le cavazzaniane avventure di Yellow Kid, sui testi di Lorenzo Bartoli, le vignette graffianti sul mondo del fumetto, disegnate con uno stile grottesco, e le storie brevi – come la coloratissima Impiegato di concetto, racconto muto su un passacarte che si diletta sulla tastiera del computer come un jazzista infervorato, o Buzzer & Todavia, serie che racconta le ingiustizie nell’Apparato Parlotta, istituto di pena di una realtà alternativa – sembrerebbero diramazioni di tre autori diversi che in comune hanno solo la voglia di dimostrare che meritano un posto al tavolo.

Tra i primissimi lavori pubblicati, Cargo Team fu un battesimo importante per confrontarsi con la lingua del fumetto. La serie, scritta da Arcangelo Stigliani e incentrata sulle avventure di un gruppo di mercenari specializzati in missioni pericolose, in un futuro a metà strada tra Alien e Blade Runner, prevedeva un segno realistico in bianco e nero. Mastantuono si rese conto che aveva una prima, importante, difficoltà: riempire. «Quando facevo i cartoni lavoravo con questa linea chiara, disegnavo solo i contorni, e non mi preoccupavano dei neri perché non erano compito mio.»

Le tavole risultavano vuote e prive di mordente. Dovette impegnarsi e imparare le lezioni atmosferiche di Jorge Zaffino, Jordi Bernet o Alfonso Font per capire come riempire al meglio le pagine. «È un processo che è durato, non dico decenni, ma tanti anni e che non smette mai di evolvere.»

cargo team corrado mastantuono fumetti

Nel 1989, mentre iniziava la collaborazione con Comic Art, Mastantuono ricevette una telefonata a cui rispose controvoglia. Era stata una giornata faticosa che non aveva bisogno di quella scocciatura telefonica, ma quando capì chi c’era all’altro capo della cornetta cambiò atteggiamento: si trattava di Giovan Battista Carpi, ideatore di Geppo e Nonna Abelarda, nonché storica matita Disney.

Carpi era a capo della neonata Accademia Disney e stava mettendo insieme una squadra che lavorasse alle varie produzioni Disney, dal fumetto alle illustrazioni per libri e merchandising vario. Il materiale glielo aveva mandato qualcuno di Mondadori, perché Mastantuono non aveva nemmeno preso in considerazione l’idea di candidarsi per Disney: «Sapevo che non c’era possibilità. Qualche anno prima un mio amico aveva provato e gli avevano risposto che bisognava aspettare il “ricambio generazionale”, cioè che qualcuno andasse in pensione o morisse».

Ora Disney stava effettivamente cercando nuovi illustratori e fumettisti, «ma forse» disse Carpi a Mastantuono con la sua voce fine, «tu preferisci fare le illustrazioni, anche perché i lavori per i fumetti non partirebbero subito, non so se ti interessa». A Mastantuono interessavano eccome. E Carpi lo assecondò, perché in quel materiale di prova aveva visto qualcosa, una potenziale che avrebbe potuto produrre buoni risultati. O almeno così se la spiega Mastantuono, che ripensando al portfolio inviato, si ricorda di «cose molto discutibili. Carpi scommise su di me, perché, e lo dico senza falsa modestia, io non avrei mai affidato una sceneggiatura al disegnatore che ero».

Nonostante l’imprinting umoristico, lo stile di Mastantuono fece fatica ad adattarsi ai canoni disneyani. L’autore era sì un fumettista abituato all’umorismo e alla comicità, ma declinava questi due modi secondo logiche e costruzioni personali. Il sistema Disney andava invece rispettato seguendone le regole senza mai sgarrare. Non si trattava di disegnare Topolino o Paperino come da modello. Quello era facile: lo vedevi, lo copiavi, se non funzionava accorciavi il becco di qualche millimetro e le orecchie potevi stondarle alla bisogna, lo rifacevi, e via così finché non ti era entrato nelle dita. Il vero scoglio era imparare a pensare in stile Disney, arrivando a immaginare ogni personaggio nuovo, ogni ambiente o sfondo come se l’avessi visto da un catalogo disneyano.

Corrado Mastantuono Zio Paperone e l'unica giovialità
La prima pagina di “Zio Paperone e l’unica giovialità“, la prima storia Disney disegnata da Corrado Mastantuono

«In una storia devi disegnare una infinità di cose, dal lampione alla poltrona, e le devi disegnare alla Disney» spiega Mastantuono. «Se ti allontani da quel tipo di rappresentazione si nota immediatamente, ed era quello che succedeva a me. Il grande lavoro è stato capire la logica, studiare lo stilema, come rappresentare quel mondo e poi muoversi liberamente dentro qualcosa che conosci, che è ben diverso che guardare la vignetta e rifarla. È averlo dentro. Io ormai so com’è una poltrona Disney e una volta che so fare una poltrona, so fare tutto.»

In quel periodo il suo riferimento era Giorgio Cavazzano, di cui Mastantuono era un lettore dai tempi di Walkie e Talkie, pubblicato sul Giornalino. Non quello morbido e sinuoso dell’età adulta ma quello folle e quasi underground degli anni Settanta («aveva un segno pazzo, nervosissimo, quasi isterico, pieno di segni a pennino, vibrante e potente»). Nella prima storia di Corrado Mastantuono, Zio Paperone e l’unica giovialità (un canovaccio comico del 1990 in cui la Numero Uno di Zio Paperone perde il suo potere portafortuna), tutto, dagli arredi agli aerei, squilla cavazzaniano.

Da lì Mastantuono partì per un’evoluzione che cercava di incorporare il segno anarchico che aveva sviluppato su Comic Art riportandolo entro confini disneyani. Un sintesi tra Cavazzano e Massimo De Vita, masse gradevoli ma mai perfettamente lisce. C’è sempre un angolo, una linea puntuta, un artiglio visivo che spunta dalla zampa morbida, per non parlare del grande senso dello spazio, e della precisione nel collocare personaggi e azioni. È una caratteristica che gli tornò utile quando fu chiamato da Sergio Bonelli Editore a lavorare sulle loro testate. Chiamata che inizialmente rifiutò, perché ancora impegnato per le testate di Comic Art.

nick raider corrado mastantuono fumetti
Copertina di “Nick Raider” 119

Quando però, all’inizio degli anni Novanta, Comic Art ridimensionò la produzione di storie originali, Mastantuono contattò Bonelli per sentire se l'offerta era ancora valida. L’editore milanese rispose: «Scegli tu!». Il disegnatore, intimorito dalla fama dei personaggi che avrebbe dovuto disegnare («mi sembrava un’investitura troppo importante, avrei preferito sapere dove mi vedevano meglio loro»), si diresse dalla persona che aveva espressamente chiesto di lui, Renato Queirolo, all’epoca coordinatore del poliziesco Nick Raider. Più avanti, oltre a Raider, Queirolo gli affidò anche delle storie del western Magico Vento, di cui diventò copertinista regolare. Le sue copertine, con il segno moderno e la colorazione pittorica in digitale, dimostrarono che Bonelli poteva essere un editore al passo con i tempi.

Anche in questo caso, i primi lavori per Bonelli lo obbligarono a un ripensamento grafico importante. Il suo segno realistico, sviluppato su Comic Art e L’Eternauta, era graffiato, spesso grottesco, in Bonelli doveva essere chiaro, spiegato. Le cose non andavano suggerite o evocate, ma dette. Fu però in Disney che Mastantuono lasciò il segno come autore unico. Dopo un iniziale muro da parte della redazione, che non vedeva di buon occhio gli autori che traboccavano in altri ruoli («i disegnatori disegnano» era la risposta che si sentiva dire ogni volta che proponeva una storia), riuscì a piazzare una sceneggiatura con un nuovo personaggio, Bum Bum Ghigno.

Bum Bum Ghigno è un papero imbianchino vicino di casa di Archimede e conoscenza di lunga data di Paperino. Esordì nella storia del 1997 Paperino e la macchina della conoscenza, in cui i lettori fanno la conoscenza di questo papero arcigno, antipatico, cattivo e insicuro che, succube del fratello talentuoso, utilizza un’invenzione di Archimede per rubare i talenti altrui. È un personaggio arrogante e di rara ignoranza, addirittura cupo e ombroso. In quelle prime storie la cifra di Bum Bum è quella di un personaggio mediocre, attaccabrighe e brutto a vedersi che, nonostante tutti questi difetti, riesce a girare in positivo le sue idiosincrasie e diventare un simbolo di speranza.

bum bum ghigno
Bum Bum Ghigno

Complice l’intuizione dell’allora caporedattore Ezio Sisto, Mastantuono, che non l’aveva pensato come personaggio ricorrente, portò avanti la sua creatura addolcendola e crendo un’alchimia perfetta tra la scheggia impazzita Bum Bum, Paperino, bizzoso ma equilibrato, e Archimede che fa da paciere tra i due. Ne uscì un carattere inedito per il mondo Disney, «uno spazientito immaturo, con tutti i pregi e i difetti degli immaturi, che fa cose infantili ma anche in senso sentimentale, e questo secondo me nel panorama Disney ancora non si era visto. È un tipo alla Bob Rock o Homer Simpson».

Parallelamente ai lavori per Disney, negli anni Duemila, Mastantuono iniziò la sua avventura con Tex illustrando il numero 21 della collana Speciale Tex (detta anche “Texone”), Il profeta Hualpai, scritto da Claudio Nizzi e uscito nel giugno 2007. Se il Texone è di norma uno spazio dove autori ospiti possono confrontarsi con il personaggio di Tex offrendone un’interpretazione personale, senza paura di andare fuori dalle abitudini dei lettori bonelliani, Mastantuono colse l’opportunità per dimostrare quanto il suo segno potesse essere messo al servizio del ranger. «Il mio sforzo era quello di somigliare ai disegnatori texiani, con la massima cura nei dettagli, senza risparmiarmi con scorciatoie stilistiche. Se c’era da fare un bosco lo facevo al meglio.»

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Mastantuono entrò poi nel ruolino dei disegnatori di Tex, realizzando storie solide in cui, pur restando all’interno del vocabolario bonelliano, appariva evidente quanto avesse l’occhio allenato per la disposizione dei personaggi nella scena e per inquadrature che non confondessero il lettore ma spiegassero bene l’andamento dell’azione. Con gli anni le sue tavole si fecero ricche di dettagli, piene di ombre ma sempre alla ricerca di sfumature anche dentro il bianco e nero. «Ogni tanto mi chiedono se la china me la regalano perché sento l’esigenza di colorare col segno e col nero» scherza Mastantuono. «Nel mio percorso realistico sono arrivato all’opposto di dov’ero agli esordi, quando non sapevo dove mettere i neri. Ora forse tendo fin troppo a caricare di mezzi toni.»

Per apprezzare il suo spiccato senso per la composizione basta invece guardare un numero a caso di Disney Big, la testata antologica per cui Mastantuono disegna le copertine dal 2008. Sono oltre 160 illustrazioni basate su una delle storie contenute nel mensile e che rispettano una rigida regola compositiva imposta dalle grafiche. L’immagine deve infatti coesistere con il logo della testata che occupa l’angolo in alto a sinistra (lasciando però scoperta la parte alta a destra), e lo strillone “oltre 400 pagine di fumetti” nell’angolo in basso a destra. Mastantuono deve dunque creare un’immagine leggibile in questa strana virgola o forma a “L” specchiata. Da queste restrizioni escono spesso copertine con una prospettiva calcata, pose plastiche, geometrie ambiziose e inventive.

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Una tavola di Mastantuono da “Tex – Giustizia a Corpus Christi

L’evoluzione più clamorosa è però quella sul segno disneyano. Tra Topolino e il fiume del tempo e Topolino e il cerchio del tempo – dittico scritto da Tito Faraci e Francesco Artibani realizzato a vent’anni di distanza l’uno dall’altro (1998-2018) – sembra passata un’era geologica. Nella prima storia i personaggi sono fatti di un’antimateria che esce dai bordi, il tratto è nervoso e impazzito, si sente la voglia di fare qualcosa di stravagante e disallineato dalla tradizione; nella seconda la stravaganza si declina attraverso una pulizia formale della tavola e forme chiare, più pacifiche e lineari, ma non per questo meno esagerate. Se un corpo è rotondo sarà un enorme pallone gonfiabile, e se qualcuno deve correre lo farà a forma di zeta. «Mi sono sforzato negli anni di rendere sempre più leggibili le storie, a costo di soffocare qualche ambizione o velleità pseudoartistica» commenta Mastantuono. «Topolino e il fiume del tempo è piena di segni, segnettini, pennellate nervose e veloci. Ora lo sforzo è opposto. Mettere in scena quello che serve al racconto nella maniera più leggibile, a costo di rischiare la banalità.»

topolino cerchio del tempo
Una tavola di Mastantuono da “Topolino e il cerchio del tempo”

Gli elementi stilistici che non sono mai cambiati in Corrado Manstatuono, quelli che lo rendono l’autore che è: la recitazione esasperata, il design insistito e l’approccio alle forme, piacevole, dinamico e geometrico. Bum Bum Ghigno è un esempio perfetto della poetica visiva di Mastantuono: ha un aspetto peculiare, con le sopracciglia folte e tre incisivi sporgenti che l’autore disegna come enormi quadrati incastonati sotto la parte superiore del becco, e i suoi gesti non sono mai equivocabili. Quando si arrabbia, esplode, quando ride, si sganascia.

«Mano a mano che impari capisci quanto ancora hai da imparare» dice Mastantuono. «Da giovane ti senti più invulnerabile perché pensi di sapere tutto. Paradossalmente meno sai e più pensi di sapere. I tempi di realizzazione aumentano perché uno non si accontenta più e ci sono tantissime cose a cui prestare attenzione che prima non consideravi nemmeno.»

Ora Mastantuono parla da consumato professionista, quasi in odore di maestro, rivestendo il ruolo dell’anziano disegnatore che, in una vignetta per Comic Art, diceva: «Disegnare qualche ora al giorno è un buon modo per sciogliere la mano ed è l’unico per sviluppare le proprie capacità!». Ma Mastantuono è anche il giovane apprendista che, in quella stessa vignetta, rispondeva: «Capacità?! Ma io voglio fare il disegnatore di fumetti!». Dentro quella battuta ci stanno le anime di Corrado Mastantuono, fumettista con la vocazione serissima a mandare tutto in caciara.